22 settembre. Da: I Quaderni del 1944 di Maria Valtorta

22 settembre 1944.

Gesù

Dice Gesù: “il tuo tesoro tu lo hai nel tuo cuore. Cercalo là”. Gli chiedo: “Che tesoro ho mai, Signore?”.

Mi risponde:

«Hai Me. Ho detto nel Vangelo che “là dove è il tesoro là è il proprio cuore”.[1] Ho anche detto che è dal cuore che escono pensieri, sentimenti ed opere.[2] Buone se buono il cuore, malvagie se malvagio il cuore. E le cose che escono dal cuore sono proprio, e solo esse, quelle che hanno valore di elevazione o di contaminazione. Ma possiamo giustamente anche dire – ed Io lo dissi ma non è riportato fra le molte sentenze che ho dato, sentenze a formula capovolta, secondo il sistema filosofico molto in uso allora – che, come è il cuore là dove è il tesoro, così è il tesoro là dove è cuore, anzi: il tesoro è nel cuore.

Infatti l’uomo, elevando questo organo a sede dei sentimenti, lo ha fatto trono e asilo della passione predominante. Così il lussurioso ha dal cuore il fomite della lussuria, l’avaro quello della moneta, l’iracondo quello della prepotenza, il goloso dal cuore sente salire la stolta fame delle leccornie, l’accidioso lo ascolta quando gli consiglia: “Ozia”; e, nel bene, dal cuore trova la spinta che lo spinge allo studio se cultore delle scienze, alla beneficenza se pietoso, alla morigeratezza in ogni senso se onesto, all’amore verso il perfetto se è uno dato tutto al suo Dio. E la passione predominante carezza e custodisce nelle e con le latebre del cuore. Potrà esser povero e ignudo, apparentemente solo e desolato. Ma dentro, ecco là nel fondo una gemma che splende amichevole e santa, o fiammeggia ingannevole e malvagia: il suo tesoro, il sentimento che lo domina.

Tu hai Me. E in verità ti dico che non potresti avere cosa più grande. Così come in verità ti dico che Io non potrei avere cosa più cara del ricetto in un cuore che mi ama totalmente.

Ogni tesoro ti potrebbe rapire il mondo. Ma non il possesso del tuo Gesù. Ogni cosa mi potrebbe lanciare il mondo, a onore o a maledizione, a seconda dei suoi stimoli. Ma onori, riti, fiori, incensi, cerimonie, templi e parati, canti e genuflessioni, non mi danno l’onor santo che mi dà colui che fa di Me il suo unico tesoro. Così come non vi è maledizione o bestemmia, sacrilegio e abiura, che non venga riparato dall’onore santo di chi mi accoglie per chi mi respinge, di chi mi dà culto d’amore per chi mi fa sacrilegio, di chi mi loda e benedice per chi mi maledice e bestemmia.

Oh! sta’ felice! Io in te e tu in Me! È la gioia reciproca. Sentimi come ti stringo al cuore. Non dico altro. È venerdì. Ma ho voluto temperare il sacrificio del venerdì con questo fiore per farti sorridere e sempre più sperare. Anzi: sempre più sentirti sicura.

Va’ in pace, diletta. Taccio, ma resto con te.»

 


[1] Matteo 6, 21; Luca 12, 34.

[2] Matteo 15, 19-20; Marco 7, 15.

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